copyright © Maïmouna Guerresi (courtesy Mariane Ibrahim Gallery)
Minaret Hats, 2011
Minaret Hats rappresentano la continuazione della ricerca sul corpo mistico che l’artista rappresenta come un corpo metafisico e sovrannaturale. I “cappelli minareto” sono come dei castelli, delle fortezze poste a protezione della testa, la parte più alta del corpo umano. Ma sono anche un prolungamento dello stesso corpo: antenne ricettive, canali che conducono e trasmettono l’energia spirituale, come nelle tradizioni dell’antico popolo Dogon del Mali in Africa Occidentale. Maïmouna Guerresi realizza da sé questi manufatti che fa indossare ai personaggi femminili e maschili che fotografa. I loro volti sono celati da un gesto della mano, talvolta sono bendati oppure chiudono semplicemente gli occhi, sembrano estraniarsi dal mondo per entrare in sintonia con lo spirito cosmico divino.
Minaret Hats represent the continuation of the research on the mystical body that the artist represents as a metaphysical and supernatural body. The “minaret hats” are like castles, fortresses placed to protect the head, the highest part of the human body. But they are also an extension of the same body: receptive antennae, channels that lead and impart spiritual energy, as in the traditions of the ancient Mali Dogon people in West Africa. Maïmouna Guerresi herself creates these artifacts that she makes the female and male characters and photographs theme. Their faces are hidden by a movement of the hand, sometimes they are covered or simply close their eyes, they seem to withdraw from the world to get in harmony with the divine cosmic spirit.
Sound 6, 2017
Le donne ritratte nella serie Sound urlano simbolicamente dentro un megafono rosso per dar voce alla propria condizione. Rappresentano il tentativo di comunicare idee e pensieri all’esterno. Parole che però rimangono inascoltate, in quanto il megafono impugnato è chiuso. In questo messaggio il valore delle parole incrocia l’impossibilità di poterle esprimere.
The women portrayed in the Sound series symbolically scream into a red megaphone to give voice their condition of life. They represent the attempt to communicate ideas and thoughts to the outside world. However, that words remain unheard, since the megaphone in the hand is closed. In this message the value of words crosses the impossibility of being able to express them.
Red Oracle, 2006
L’opera fotografica Red Oracle è stata realizzata durante le riprese del video Oracle, in cui il soggetto ruota su se stesso mimando la danza sufi ed il segno dell’arcangelo che con un braccio segna il cielo e con l’altro la terra.
The photographic work Red Oracle was created during the filming of the video Oracle, in which the subject rotates on itself miming the Sufi dance and the sign of the archangel who marks the sky with one arm and the earth with the other.
Aisha’s Stories, 2016
Her Private Garden e Aisha’s Stories 2 fanno parte del progetto Aisha in Wonderland in cui l’artista analizza vari aspetti di una nuova possibile identità, proponendoli attraverso diversi media. In questo contesto i soggetti che Maïmouna Guerresi sceglie di ritrarre appartengono alla seconda generazione di una famiglia marocchina e senegalese emigrata in Veneto. Questa narrazione visiva vede Aisha non più come soggetto principale, piuttosto ad esserlo è lo sguardo attraverso cui l’osservatore accede ad un universo interiore nascosto. L’articolazione visiva della duplice appartenenza culturale dei soggetti prende forma attraverso l’alternanza di paesaggi esotici disegnati e immagini delle verdi vallate venete.
Her Private Garden and Aisha’s Stories 2 are part of the Aisha in Wonderland project in which the artist studies various aspects of a new possible identity, proposing them through different media. In this context, the subjects that Maïmouna Guerresi chooses to portray belong to the second generation of a Moroccan and Senegalese family who emigrated to the Veneto. This visual narration no longer sees Aisha as the main subject, rather it is the gaze through which the observer accesses a hidden inner universe. The visual articulation of the dual cultural belonging of the subjects takes shape through the alternation of drawn exotic landscapes and images of the green valleys of Veneto.